Nei precedenti post:
mi sono occupata di situazioni di accertamenti bancari che ho seguito nella pratica professionale.
Il primo accertamento bancario riguardava un imprenditore che aveva chiuso l’attività e che aveva avuto una verifica della Guardia di Finanza presso la propria abitazione.
Questo contribuente si era fidato dell’affabilità dei verificatori della Guardia di Finanza e non si era posto il problema di delineare una strategia difensiva, di presentare una memoria ecc.
Dalla verifica non contestata a tempo debito erano derivati tre avvisi di accertamento di imposte per attività d’impresa che sarebbe stata svolta “in nero”.
Un altro caso riguardava una società di persone che aveva ricevuto un questionario.
I contribuenti erano refrattari a qualsiasi consiglio ed osservazione, ma si consideravano “vittime del sistema” ed erano oggettivamente difficili da difendere.
Un altro caso professionale che ho raccontato riguarda uno studio professionale associato, estremamente collaborativo ed organizzato.
La difesa, pur impegnativa, è stata interessante ed ha prodotto risultati migliori delle aspettative.
Nel secondo post ho analizzato la sentenza n. 32427/2019 della Corte di Cassazione e sottolineato gli spunti che offre per la gestione quotidiana dell’attività del professionista.
In particolare, la sentenza riguardava un professionista che aveva ricevuto vari incassi relativi all’attività sul conto corrente intestato alla moglie e non aveva fornito alcuna prova a suo vantaggio.
Se una srl riceve un accertamento bancario
Oggi voglio commentare la sentenza n. 33596/2019 che riguarda una Srl che aveva ricevuto un accertamento bancario.
L’Agenzia delle Entrate aveva controllato non solo i conti correnti intestati alla Srl, ma anche, senza alcuna motivazione, quelli intestati ai soci.
La Srl, dopo aver perso in secondo grado, ricorre in Cassazione.
La questione che viene posta è che la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che l’accertamento bancario potesse essere automaticamente esteso ai conti correnti intestati ai soci.
In parole povere: senza che l’Agenzia delle Entrate fornisse alcuna motivazione.
Cosa significa?
Come ho spiegato sopra, l’accertamento riguarda i documenti del contribuente: nell’accertamento bancario i documenti analizzati sono i conti correnti del contribuente.
Non può essere esteso automaticamente a documenti di soggetti terzi, anche se vengono trovati dall’Agenzia delle Entrate nel corso della verifica.
Perciò, una prima risposta alle domande iniziali può essere data:
la verifica bancaria può essere estesa a conti correnti intestati a soggetti terzi, ma non in modo automatico.
Naturalmente devono essere “terzi qualificati”: cioè soggetti che abbiano un certo tipo di rapporto con il contribuente che è verificato.
Sono “terzi qualificati”, ad esempio, i soci o gli amministratori di Srl.
Torniamo alle domande iniziali.
Condizioni per estendere la verifica bancaria a soggetti terzi
Se, quindi, è possibile estendere la verifica bancaria a conti correnti intestati a soggetti terzi, quali sono le condizioni?
Questo è importante: senza le condizioni la verifica è illegittima.
Le condizioni si chiamano tecnicamente indizi.
Dunque, occorre che l’Agenzia richiami gli indizi che fanno ritenere che la Srl, che abbia conseguito ricavi “in nero”, li abbia incassati su conti correnti intestati a soggetti terzi, quali i soci o gli amministratori.
Questi indizi devono essere indicati nella verifica (ad esempio nel questionario) e nell’avviso di accertamento.
Anche da questa sentenza abbiamo conferma della estrema specializzazione che viene richiesta nel difendere e difendersi in questi accertamenti.
Perciò, è confermato che non ci si può avvalere di un professionista qualunque, ma di un avvocato tributarista.
L’avvocato tributarista sa valutare anche questi profili di legittimità che devono essere considerati prima del merito della contestazione sui conti correnti.
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